
Per chiunque si fosse perso la prima parte della retrospettiva, la potete trovare qui.
Già da parecchio prima che uscisse, si parlava del terzo capitolo di GTA non solo per le novità che avrebbe potuto portare, ma sopratutto se lo si associava alla potenza di calcolo di PS2. Morale della favola, tutto si aspettavano che insieme, potevano essere una miscela esplosiva e così fu. Nell’Ottobre del 2001 uscì GTA 3, terzo capitolo di una saga che già era diventata linguaggio comune nell’ambiente videoludico, sia per come già detto più volte, l’essere controverso per le sue dinamiche che per il gameplay open world dannatamente divertente.

Mancava un solo tassello ad un gioco già “figo” di suo per cambiare per sempre il concetto di videogames e le sorti di una software house da lì agli anni a venire ovvero il motore grafico 3D. Con questo capitolo, Rockstar Games che nel frattempo divenne definitivamente creatore di questo brand entrò definitivamente nella leggenda dei videogames. Take-Two fece una manovra semplice è geniale, fece chiudere DMA Design e la riaprì sotto il nome di Rockstar North dove in pratica diventava il primo tramite per poter così guadagnare molto di più, ma mai si sarebbe aspettato che GTA 3 avrebbe venduto oltre 20 milioni di copie entrando addirittura nella top 5 dei giochi più venduti di sempre

In GTA 3 inpersonavamo Cloud che dopo essere stato tradito durante una rapina, per vendicarsi, deve diventare il gangster più potente della città. Fatto sta che con l’avvento del motore grafico 3D, Liberty city divenne la vera protagonista del gioco. Il nome Liberty City venne ripreso direttamente dal primo gioco ma solo quello, visto che in pratica era per certi versi un clone, ma diciamo meglio una caricatura di New York, non solo nei posti, ma sopratutto nei personaggi che incontravi in giro, ovvero soggetti grotteschi e strafottenti tipici della grande mela.

Nel gioco, il nostro protagonista incontrava durante la sua scalata al successo, tantissime gang, dalla Yakuza, ai mafiosi italiani ai cartelli della droga e tanti altri, oltre alle classiche piccole gang tipiche dei quartieri malfamati della city. In GTA 3 fu cavalcata l’onda dell’open world in modo inverosimile infatti si poteva fare tutto, ma proprio tutto. Si poteva cazzeggiare a piedi, rubare macchine della polizia, soccorrere i passanti picchiati con l’ambulanza, guidare un taxi per far soldi oppure farne vendendone una rubata o semplicemente fare macelli con l’innumerevole parco armi a disposizione. Con GTA 3 ci fu un balzo videoludico senza precedenti e anche se come da copione, furono sprecati fiumi di inchiostro per l’enorme violenza del gioco, dall’altra parte della barricata, tutti gli esperti del settore, non poterono far altro che togliersi il cappello d’innanzi a questo capolavoro che portava con se una innovazione tecnologica senza precedenti e tutti colsero a piene mani da questo titolo le tecniche per i giochi che vennero dopo…
Prima di parlare della nuova generazione di GTA, non si può non parlare di GTA Liberty City Stories, un vero capolavoro per la console portatile PSP. Un upgrade per certi versi di GTA 3, ma con una grafica da urlo e un gameplay profondo, oltre alle tantissime attività secondarie.

Da come ho letto in giro per la rete, i ragazzi di Rockstar vollero creare questo gioco come un esperimento ed aggiungerci dentro, per quanto possibile, tantissimi elementi da implementare poi nei capitoli successivi della console da salotto. Il risultato è un gioco favoloso, maneggevole e divertente, con una longevità favolosa, una colonna sonora pazzesca.Un caposaldo della console portatile di casa Sony!

Se si poteva fare un appunto ai vari GTA, ma principalmente al terzo, che era quello più tecnologicamente avanzato, era una trama non ben definita o perlomeno non ricca di approfondimenti nei vari personaggi e in particolare al protagonista come ci si poteva aspettare. Quelli di Rockstar nonostante i successi, non dormirono sugli allori e a partire dal capitolo successivo della serie, aggiunsero tutti quegli aspetti che potevano mancare in un videogioco che si rispetti. I due aspetti principali che aggiunsero e che rimasero illesi fino ad oggi sono la precisa localizzazione geografica e temporale oltre alla trama che rimane sempre in primo piano.
Nell’Ottobre del 2002 uscì quindi GTA Vice City, quarto capitolo della serie, ambientato nei gloriosi anni 80 dove sesso, droga e rock n roll la facevano da padrona.

Tomy Vercetti, il protagonista di questo quarto capitolo, viene mandato da Liberty City in questa soleggiata città che è palesemente ripresa dalla Miami anni 80 a fare qualche lavoretto per il suo boss. Qui, a differenza di Liberty City è tutto più bello, colorato e fortemente anni 80 tant’è che all’inizio non sembra affatto di giocare a un GTA. La principale innovazione, a differenza di GTA 3 e che nei panni di Vercetti, andando avanti nel gioco, ogni missione si lega per un buon motivo a quella precedente facendo in modo che la storia, i personaggi e tutto il contesto si dipani in modo coerente, arricchendo di particolari la trama.

Un’altra innovazione importante di Vice City era il poter acquistare attività, infatti a differenza del terzo capitolo, ogni missione non faceva guadagnare molto e di conseguenza bisognava far altro per accumulare danaro. Oltre al tassista, il vigilante o altro, c’era la possibilità appunto di comprare pian piano particolari edifici come una stamperia di soldi falsi, un cantiere navale e locali di lusso ovvero tutte cose che fabbricavano bigliettoni così come l’acquisto di edifici personali per aumentare il proprio prestigio come i classici villoni americani.

La cosa però importante da considerare e che l’acquisto di questi edifici non era un solo guadagno facile di soldi, ma ulteriori missioni secondarie che portavano uteriori ore di divertimento, oltre ad alcune chicche per la trama principale.

I ragazzi di Rockstar fecero in pratica qualcosa di formidabile. Vice City era una città viva, tutto si muoveva all’unisono con l’ambiente circostante e tutto quello che facevamo, e potevamo in pratica fare di tutto, aveva uno scopo per noi o per il personaggio. Un parco mezzi pazzesco per l’epoca, un traffico realistico e cittadini che brulicavano in questa immensa città e ripeto, eravamo solo nel 2002.

Un’altra cosa che a me fece impazzire e che era davvero un pezzo forte del gioco, fu senz’altro la colonna sonora. Un qualcosa di assurdo, con tutti i più famosi artisti dell’epoca, come pezzi di Micheal Jackson, gli INXS, Brian Adams, Slayer, Motley Crue, Iron Maiden…favoloso! In conclusione c’è da dire però, che per capire a fondo le tematiche di Vice City senza cadere nel solito discorso della tanta violenza e bla bla, bisognava essere grandicelli.

Infatti la tematica di fondo è che i soldi e la violenza gratuita portano solo alla morte, se non fisica, almeno interiore del personaggio. Lo stesso Vercetti finirà con la sete di denaro e di potere, a diventare il burattino di se stesso. Altra tematica trattata fu il sesso come fonte di guadagno e potere. Uomini che vanno a letto con delle vecchie o donne che si prostituiscono con il primo uomo di potere che capita, sperando di fare una carriera che non arriverà mai.

Morale della favola, Vice City voleva insegnare che il successo, se fatto in modo troppo facile, portava alla corruzione dell’animo e creava solo illusioni e finti vincenti quando invece uno il successo e le vittorie se le sarebbe dovuto costruire con il sudore della fronte.