
Con questa recensione voglio introdurvi una nuova rubrica, dove appunto vi consiglierò dei film.
Si tratterà di pellicole che secondo me vale assolutamente la pena guardare, specialmente i grandi cult e capolavori assoluti come quello di oggi.
In questi giorni di dicembre si sta celebrando ovunque il cinquantesimo anniversario di Arancia meccanica, il grande classico del 1971 diretto dal maestro Stanley Kubrick.

Tratto dall’ omonimo romanzo di Anthony Burgess, il film è ambientato nella metropoli londinese in un futuro imprecisato.
In questa città è presente un grande tasso di violenza, specialmente tra i giovani, fra cui il protagonista Alex Delarge.
Alex è a capo di una banda di sadici delinquenti che commettono le peggiori atrocità immaginabili.
Grande amante dell’ ultraviolenza, del sesso e della musica classica di Beethoven, verrà arrestato dopo esser stato tradito dai suoi 3 “drughi”.
Desideroso di uscire, Alex si propone volontario ad un particolare trattamento di rieducazione alla vita da onesto cittadino.
Ma questo trattamento, oltre che essere sperimentale, non sembra affatto seguire alcun principio morale, risultando ingiusto.
La complessa realtà della violenza.
Poiché Alex è il protagonista con cui lo spettatore si trova in un certo senso costretto ad immedesimarsi , all’ epoca il film fu frainteso come fomentatore di violenza.
Ma Kubrick non voleva assolutamente provocare tali reazioni, infatti non dà giustificazioni a nessuno dei personaggi che all’ interno della pellicola compiono violenze.
Quella del regista è una critica totale a queste azioni distruttive, qui mostrate in tutta la loro brutalità.
Non vi è solo un banale disprezzo dei delinquenti che commettono queste azioni, ma vi è la condanna di chi sta più in alto della società.
Essa dimostra di essere peggio dei criminali che lei stessa vuole “rieducare”, poiché è disposta ad abusare del suo potere pur di riuscirci.
Essa può usare metodi spaventosamente immorali, tanto da rispondere con altra violenza contro quella preesistente, non solo con quella fisica, ma anche con quella psicologica.
La mente umana è il nostro strumento più potente, ma quando viene sovrastata da un’ altra più forte, può rendere ogni individuo più vulnerabile oltre che controllato.
La vera critica del film è quella del condizionamento del pensiero altrui, che ci vieta del nostro libero arbitrio, quindi del nostro essere uomini.
In più ci viene ricordato che tutti, anche le persone più insospettabili, possono essere capaci di compiere azioni terribili.
La magniloquenza di Kubrick
Kubrick è sempre stato un maniaco del perfezionismo, tanto che in questo film è riuscito ad esprimere tutto il suo genio visionario come non mai.
La sua è una regia curata nei minimi dettagli, con inquadrature di una stupenda precisione geometrica, quasi come un quadro in movimento.
Le inquadrature puntano molto sulla prospettiva, vi è un grande uso del grandangolo e dello zoom, tratti tipici del cinema di Kubrick.
I costumi e le scenografie riportano spesso il colore bianco, simbolo della purezza e dell’ innocenza, ma qui ha una tonalità quasi sporca, fastidiosa a vedersi, grazie anche alla stupenda fotografia.
Il bianco è un colore in netta contraddizione con i temi del film, eppure viene associato a loro, e lo stesso vale per la musica.
L’ evocativa colonna sonora propone molti brani di musica classica, e questa associazione di due cose così pure alla violenza crea un suggestivo ed inquietante contrasto.
Malcom McDowell è semplicemente da oscar nei panni di Alex.
Con le sue espressioni, spesso senza sbattimento di palpebre, riesce fin da subito a farci inquadrare il suo personaggio.
Che dire di più?
Dal 29 dicembre il film verrà riproposto in alcune sale per il suo cinquantesimo anniversario, spero sia per voi un’occasione di recuperare o riguardare uno dei più grandi capolavori della storia del cinema.
Sarà anche datato , ma la forma e i temi di Arancia meccanica vi faranno pensare tutt’ altro!!!.