Che più publisher offrano la loro spalla a una persona che ha la forza mediatica, spesso ripagata dai risultati, di prendersi dei rischi creativi dovrebbe essere un’ottima notizia, per i videogiocatori. Almeno sulla carta, certo. Nella realtà, queste ore ci hanno invece dimostrato che siamo ancora fermi al medio evo per una discreta fetta della community dei videogiocatori, che non mancano di dimostrare il loro odio per i videogiochi. Spunta così la tragicomica petizione che vuole far cancellare il gioco di Kojima, di cui non si sa nulla, ricordiamo per il solo fatto che sia destinato a Xbox. Spuntano i messaggi social che gridano al tradimento (tradimento di chi? Di cosa?), che intimano a un autore attivo dai tempi di Penguin Adventure di ricordarsi “chi lo ha creato”, ossia Sony, a quanto pare, dimenticandosi che a quei tempi costruiva ancora walkman e i videogiochi non sapevano neanche esistessero. I più condannabili si lanciano in minacce e qualche presunto fan di Metal Gear, che della saga deve aver capito molto poco, fa il paio con coloro che hanno distrutto le loro copie di Marvel’s Spider-Man dopo aver appreso che il gioco sarebbe arrivato anche su PC. In pratica, Xbox e Kojima non ci hanno detto nulla su questo nuovo gioco, ma la notizia è stata l’ennesimo teatro per dirci invece qualcosa sulla difficoltà incredibile che i giocatori hanno a… crescere. Semplicemente. E finché si vive il videogioco come se fosse una squadra di calcio, con un misto di fondamentalismo e antagonismo che sapeva di stantio già una quindicina di anni fa, i risultati sono quelli di una compagnia, Kojima Productions, che deve fare un tweet per specificare di essere intenzionata a continuare a collaborare anche con Sony. Praticamente è come se ad ogni inizio di un video di Valentina Nappi, devono mettere un disclaimer dove si specifica che non sta mettendo le corna al marito.

In qualsiasi contesto sarebbe superfluo anche solo doverlo specificare, considerando che la software house è indipendente e in quanto tale può stringere quante partnership vuole e con chi vuole. Ma in questo caso, evidentemente, non lo è e varrebbe la pena di chiedersi perché. Ecco così che la notizia è vissuta come un cambio di bandiera (?), o che si fa notare che «tanto Kojima fa solo brutti giochi» processo già subito da Bethesda qualche mese fa alla notizia dell’acquisizione. Logiche da curva da stadio, dove però qua nessuno è tesserato esclusivo di nessuno e che viaggiano tra l’ingiustificato e il disarmante. Molto spesso ci siamo trovati a parlare della difficoltà del videogioco di affermarsi come un mezzo di comunicazione che sia molto più del giocattolo a cui la sua radice semantica vorrebbe beffardamente relegarlo. Perché questo succeda, è importante che anche i videogiocatori smettano di trattarlo come tale. E fino a quando un accordo di collaborazione di un autore che trova ulteriore terreno fertile per le sue idee viene vissuto da alcuni come un tradimento e si corre subito all’arsenale offerto dalla grande armeria del flame, saremo molto, molto lontani da quel momento.
Ripigliatevi, ma seriamente.